Una nuova collaborazione foto-poesia. La fotografa è Teresa Raimondi, la cui pagina Flickr invito a visitare QUI.
Questa volta, l’immagine di Teresa mi ha portato un po’ lontano dal soggetto originale, una via di Dubrovnik. Il cuore o la mente mi hanno condotto in Palestina, a descrivere l’aspirazione degli “ultimi” per una vita normale, evocata tra esodi biblici e nuove prigionie.
Ciò che è venuto fuori lo pubblico qui sotto.
Mar Rosso
C’è ancora qualche vecchio che ricorda
(ma son rimasti in pochi)
quando si separarono le acque,
per cedere il passaggio
al popolo di Dio perseguitato.
Riporto dal mio notes.
Mi dicono che ai lati del cammino,
man mano che s’andava,
la luce naufragava dentro i flutti:
si alzarono muraglie,
protese come spugne d’acqua scura,
ad asciugare i cuori,
a togliere speranza di salvezza.
Pian piano, tuttavia,
la tenebrosa massa si alterava,
tanto che a metà strada
aveva assunto forma di palazzi,
lampioni e tavolini,
terrazze rumorose di locali,
un campanile, avanti,
come a mostrare il premio per chi crede:
una vita normale
dopo la sofferenza e i soprusi.
Mi dicono che il fondo
del mare, fatto strada per la fuga,
sembrava lastricato:
un velo di bagnato sulla pietra
come testimonianza
della perduta identità marina.
C’era la notte in cielo,
di certo l’ombra china sull’abisso,
ma tutto era sereno,
indizio di un possibile futuro
di pace e di agiatezza.
Mosè, poco più avanti, chiacchierava
con il suo vice, calmo,
l’ombrello aperto contro quel po’ d’acqua
che filtrava dal mare.
Salire sulla sabbia della spiaggia,
ormai dall’altra parte,
fu come veder sorgere il mattino.
Raccontano gli anziani,
commossi dietro agli occhi luccicanti,
di avere alzato al cielo
un canto di preghiera per il mondo,
perché nessuno viva
le pene di un’ingiusta prigionia.
Al bar, dopo un bicchiere,
è questo che raccontano i più vecchi,
quando domando loro
che cosa provino di fronte a Gaza
prigioniera, ferita,
o alla Cisgiordania fatta ghetto.
[Mario Badino, luglio-settembre 2013]
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Mi ha colpito molto! Bellissima