Palazzinari

Una poesia vecchia un po’ rimaneggiata, non al punto comunque di spacciarla per nuova. La data in calce al testo si riferisce al rimaneggiamento.

I palazzinari

Rinchiusi nei Palazzi,
sereni, i governanti
pongon le basi per la nuova guerra
che scenderà dal cielo
e darà forma e grido
alla miseria muta
di volti deformati dalla rabbia,
dalla paura. I visi senza pace
accenderanno i nostri teleschermi
e poi scompariranno,
fagocitati da rotoli infiniti
di carta igienica rosa.

«Meglio portare guerra»,
dice la voce uscendo dai tombini,
commentatrice in ombra,
«meglio che averla in casa,
che perdere d’un tratto le certezze
della solita vita».

«Colpisca pure chi c’è abituato,
chi non ce l’ha la casa,
porti con sé in malora
chi al treno gli finiscono i binari,
chi non ha l’acqua e cosa può sperare».

Così, belli seduti, i governanti
decidono alleanze nei Palazzi:
progettano campagne
e fabbrican le prove necessarie
a bombardar Paesi,
per esportare la democrazia
e spremere petrolio dalla terra.

[Mario Badino, rivista l’11 giugno 2013]

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