L’autoscala

Minerva, l’autoscala! Ascolta,
che la sapienza è in alto,
oltre le nostre idee volgari,
lassù, sopra le teste,
sopra la cima dell’armadio
bianco dell’antibagno,
in mezzo a scatole di scarpe
– mi prendi quella grande?
Quella con scritto TEC, da brava,
(dev’essere la marca) –
e tu t’affanni sulle punte,
– credevo che volassi,
credevo che portassi i tacchi,
i trampoli di legno –
no, tu t’affanni saltellando,
Minerva, senza l’autoscala,
senza la scala a pioli,
senza gli stivaletti a molla:
semplicemente salti,
tendi le braccia verso l’alto.

Succederà qualcosa.

[Mario Badino, 18 novembre 2016]

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Mi piacerebbe, ma lo stagno inghiotte

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Perché, direte, questa? Qual è il significato? E perché no, del resto?
Quale significato?

Mi piacerebbe, ma lo stagno inghiotte

«Vorresti accompagnarmi per il bagno?»

Mi piacerebbe, ma lo stagno inghiotte.
Conosco gente morta dentro al fango
per essersi tuffata da incosciente,
come se le avvertenze dei cartelli
non fossero evidenti.

Ma tu che ci vai a fare?
Non temi che lo stagno ti risucchi
e ti costringa a vivere di sotto,
insieme ai rospi, ammesso che quei rospi
che sento gracidare siano sotto?

E forse non c’è vita sotto il fango.

[Mario Badino, 17 novembre 2016]

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Non mi si chieda il pianto greco

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Non mi si chieda il pianto greco:
gli accordi che ricordo sono pochi.
Ora, va bene il La minore,
e scendere e salire sulle corde,
ma non mi va di unirmi al triste coro
che mette mano alla tastiera
ad ogni nuovo presidente eletto;
non era mica santo il vecchio:
teneva le due mani sui bottoni,
e comandava i droni con un dito,
seduto nella stanza dei bottoni.

Aveva più eleganza, certamente,
e un nobel per la pace sul ripiano,
tra la finestra e il caminetto;
fuori la moglie coltivava l’orto
per preparare gli spaghetti al sugo
coi pomodori del suo orto.
Poi, tutti i giorni, si piangeva il morto
morto lontano, nel vicino Oriente,
dove le bombe portano la pace.

Ora è cambiato presidente: pace,
ma avremo sempre bombe da sganciare
e piangeremo ancora le notizie:
per questo Dio ci ha dato le faccine
da mettere nei post come commento.
Con una lacrima, commento
l’Iraq, la Siria, i rifugiati,
l’ennesimo omicidio in Palestina,
dove i coloni non sono un problema
che possa ostacolare i negoziati.

Il nuovo presidente mi fa schifo,
il vecchio, a ben vedere, pure.

[Mario Badino, notte tra il 10 e l’11 novembre 2016]

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Passi

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Una poesia nuova, dal titolo provvisorio, con qualche cambiamento ancora possibile. L’ho presentata allo ZEI – Spazio Sociale di Lecce domenica 30 ottobre, durante lo spettacolo «SPOKEN!» di e con Massimo Pasca e Emanuele Flandoli. Spettacolo che cito principalmente perché mi è piaciuto e perché credo che circoli e locali un poco intelligenti non dovrebbero lasciarselo scappare.

Passi

Mentre seguivo, timoroso, i binari del treno invasi dalle erbacce, puntando dritto verso il rosso, che preparava a questa notte il cielo, venni sorpreso dalla dura

masticazione degli organi interni del mio corpo
da parte di timori radicati,
inveterati e conficcati nella carne viva,
in ogni fibra intima nascosta,
ma non nascosta bene al mio sentire.

Muovevo i passi avanti con cautela, e quell’angoscia d’essere mortale celava agli occhi miei questa banale verità, che in fondo non appartiene al mondo la causa degli affanni, a questo mondo esploso, in guerra con il mondo:

è dentro.

dentro, la causa.

dentro, la causa vera

di questa irrequietezza che mi torce lo stomaco.

Dentro, e poi indietro, fino agli anni verdi dell’infanzia,
quando significava molto quel tuo foglio bianco
per compito riempito con la strada che si perde
all’infinito (le linee convergono in un punto
lontano, all’orizzonte) e intanto è sera e il sole cala
e hai disegnato anche le case – tutti palazzi di periferia –
e con i trasferelli hai dato vita alle persone.

Dentro, l’angoscia; perché – tu ti dicevi – avresti fatto tutto, cambiato il mondo al tuo passaggio, e i sogni, che tenevi nel corsetto, han fatto posto – tardi o presto – al resto, e ti sei perso nelle ipocrisie del testo.

***

Così ritorno a questi miei binari abbandonati;
proseguo verso il sole che si abbassa all’orizzonte,
finché, nel muovere dei passi, avverto il corpo vivo.

[Mario Badino]

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Risacca

Pubblico, con qualche settimana di ritardo, l’immagine realizzata dall’artista Loredana Redavid a partire dalla mia poesia «Risacca», contenuta in «Cianfrusaglia» (Edizioni END, p. 11).

Di Loredana Redavid linko la pagina Facebook.

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Risacca

A volte l’insoddisfazione è fonda
e prende forma di gambe, di sguardi,
di libertà intraviste o, viceversa,
di sentimenti che hai lasciato indietro,
e t’hanno appiccicato il loro odore
tra la pelle e i vestiti, come essenza
di legno, di muschio, e malinconia.

[Mario Badino]

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Figli

Questa poesia è tutto ciò che riesco a dire – ai miei figli, ai figli degli altri – di fronte alle immagini di orrore che si susseguono sugli schermi. Non solo il terrorismo: anche la guerra permanente, i profughi e i migranti che muoiono in mare o si ammassano davanti a frontiere chiuse col filo spinato.

Figli

E noi che dopotutto siamo vostri
e madri, e padri, e vi abbiam messi al mondo,
in quale mondo vi abbiam messi, cari;
voi perdonateci di questo,
e d’ogni nostra incuria.

E, se potete, non v’inchinate all’odio.

[Mario Badino]

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Postini

Poesia d’amore. Per i postini e non solo.

Postini

Volere bene ai postini,
amare quelle mani,
le braccia i gomiti le pance,
i piedi chiusi in scarpe
lanciate sull’asfalto, sulla terra,
sul tappetino dell’auto.

Immaginare vite da postino
lungo le strade urbane, trafficate,
giri più ampi oltre la cintura
d’incroci e tangenziali;
il corpo a corpo insulso con i cani,
il cielo fatto pioggia,
i motorini, insetti nell’ingorgo;
il rimanere al chiuso,
sui piedi,
nelle scarpe,
davanti a buste bianche,
decifrare indirizzi.

Volere bene ai postini, senz’altro,
scrutare le persone,
braccia, furgoni, mani
che tra bollette e plichi,
lettere inutilmente commerciali,
avvisi di giacenza,
annunci non graditi e volantini,
a te le mie parole,
a me le tue consegnano veloci,
perché possiamo dirci,
perché possiamo averci da lontano:
se ci spediamo in tempo,
se ci spediamo adesso,
magari domattina ci incontriamo.

Voler bene ai postini.

[Mario Badino]

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Quantunque Ilaria Ricci

Il titolo è provvisorio, perciò non credo che sarà cambiato.

Quantunque Ilaria Ricci

Da quando non so più che cosa pensi,
mi manchi come l’aria.

«Ilaria chi?»
mi chiederesti,
se ancora mi tenessi nei pensieri,
o se mi amassi,
o se fossi curiosa,
gelosa di sapere cosa faccio.

D’accordo. Ilaria Ricci, la barista
del bar vecchio di Pina,
quel caseggiato un po’ cadente
in via del Ritornello ventisette.
Due belle tette,
per dirla volgarmente,
e quel sorriso che la trasfigura.
Ilaria che mi parla di natura,
del mare neghittoso,
che la calma, che la reclama,
del fine settimana a Francoforte,
e che mi stringe,
a sé, nel letto, forte.

Dimmi “Non far lo stronzo”, a questo punto.
Dimmi “Non sei per niente spiritoso”.

Se ancora t’importasse,
a questo punto parleresti;
avresti insulti da scagliarmi addosso.
Se mi volessi,
mi porteresti a dire
che quando non ti sento non Ilaria,
che quando non ti sento manca l’aria.

Ilaria Ricci, al bar vecchio di Pina.

[Mario Badino]

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Pokemon

Uno scherzo anche questo. Del resto, secondo me i Pokemon non esistono nemmeno.

Pokemon

Oggi mi han fatto vedere
questa cosa dei Pokemon

(gotta catch ‘em all, adesso
che so che son tra noi),

la novità geniale
che tu vaghi tranquillo per la strada,
e – metti che non c’è un’anima in giro
e tu non vuoi star solo –
punti lo smartfon tutt’intorno
e – oh! – c’è sempre un Pokemon nascosto:
è lì, a qualche metro dai tuoi passi,
e tu lo puoi vedere, appare,
mentre vaghi tranquillo
nelle strade consuete,
e, sì, lo puoi acchiappare con un raggio.

Cioè, son dappertutto:
per strada, al parco, nel parcheggio,
ma puoi trovarli pure a casa tua,
magari nell’armadio,
che un po’ fa anche paura.

Eppure devo aprire quell’armadio,
eppure devo prendere i vestiti,
e vorrei pure prepararmi, adesso.

E però no: c’è Picaciu nel cesso.

[Mario Badino]

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Sushi sugli usci

Uno scherzo, che altro?

Sushi sugli usci

Solo se esci.
Non biascicare scuse,
Puoi pure non andare.
Però, se esci,
comprami i pesci
– i pani dalli ai cani
non ho bisogno di altri pani,
non ho bisogno di altri cani
– ma i pesci,
i pesci fatti sushi,
tu portali agli usci.

[Mario Badino]

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